“Hotspot prigione per 80 giovani”. Il caso Taranto finisce alla Corte Ue
| Published on La Stampa | 29 August 2017 |
Non potevano uscire né contattare i familiari telefonicamente o via Internet. Un’ottantina di minori stranieri non accompagnati è stata trattenuta nell’hotspot di Taranto, dal 22 maggio scorso a fine luglio.
I giovani, provenienti da Gambia, Mali, Costa d’Avorio, Senegal e Bangladesh, di età compresa tra i quindici e i diciassette anni, sono arrivati in Italia con degli sbarchi, passando dalla Libia, esposti ad abusi e violenze, senza aver la possibilità di comunicare alle famiglie di essere vivi.
A denunciarlo alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, è stato l’avvocato Dario Belluccio, del foro di Bari e componente del direttivo nazionale dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (ASGI), che ha visitato la struttura a inizio luglio insieme alla parlamentare Annalisa Pannarale, senza la quale sarebbe stato quasi impossibile l’ingresso nell’hotspot.
Da quando sono stati istituiti gli hotspot, non è la prima volta che accade. Anche nella Relazione sul sistema di protezione e accoglienza dei minori stranieri non accompagnati della Camera dei Deputati si legge che “la commissione ha potuto direttamente costatare la presenza di soggetti minori, accolti in strutture per loro inidonee, presso le quali permanevano anche per periodi di tempo protratti”.
Il ricorso per quattordici ragazzi, presentato con procedura d’urgenza, affinché fosse garantita la libertà personale dei minori, come sancisce l’articolo 13 della Costituzione Italiana, ha portato al trasferimento di questi giovani stranieri in adeguate strutture a fine luglio ma l’Italia dovrà comunque rispondere delle violazioni commesse nei confronti dei minori.
“La struttura è paragonabile a un lager”, spiega al telefono l’avvocato Dario Belluccio, “i minori sono stati messi in una tendostruttura affollata, a quaranta gradi. Dormivano sui materassini per terra, privi di lenzuola, senza un’adeguata condizione igienico-sanitaria e in condizioni di promiscuità, all’interno di una struttura isolata, circondata da una doppia cancellata con i militari e forze di polizia”.
Secondo la legge Zampa sulla protezione dei minori stranieri non accompagnati, approvata dalla Camera lo scorso 29 marzo, i minorenni devono essere accolti in strutture di prima accoglienza a loro dedicate e la permanenza deve durare massimo trenta giorni.
L’Italia rischia, quindi, un’altra sanzione da parte della Corte Europea dei diritti dell’uomo. Con la sentenza Khlaifia del 15 dicembre 2016, la Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha condannato l’Italia per il trattenimento illegittimo di tre cittadini tunisini, all’interno del Centro di primo soccorso e accoglienza di Lampedusa, in seguito rimpatriati. La sentenza è di primaria importanza perché mette in discussione le prassi detentive all’interno degli hotspots.
“Si parla di persone che non hanno fatto nulla di male. Sono ragazzi che hanno vissuto le peggio cose, a cui bisognerebbe offrire servizi adeguati e non rinchiuderli in modo arbitrario dentro un hotspot, anche perché nessuna legge lo prevede”, conclude l’avvocato.
Pubblicato sulla versione cartacea il 29 Agosto 2017